Nikon D200. Obiettivo: Sigma AF D 70-200 mm f2.8 Apo EX HSM.

L’essere più debole viene sopraffatto da quello più forte. Questa, si dice, è la legge della Natura. E, spesso a sproposito, viene citata in ambito umano quando siamo di fronte ad ingiustizie sociali o di altro genere. Ma è proprio così?

Marzo, Ngogongoro Conservation Area, Tanzania, Africa. Sono in una pianura senza confini dove pochi minuti prima pascolavano un numero indefinito di gnu. Il mio arrivo li ha fatti allontanare a cerchio, come le onde provocate dal lancio di un sasso in un placido lago. Ora, se faccio un giro su me stesso di trecentosessanta gradi, vedo una linea scura continua all’orizzonte che separa il verde della pianura dal blu del cielo africano. Sono gli gnu, due milioni si dice, della Great Migration. Le piogge quest’anno non sono state copiose nella regione di Ndutu, ma sufficienti per attrarre qui quel fenomeno che ciclicamente si perpetua, io dico per la nostra gioia, ma in realtà per una legge naturale immutata da millenni che poco ha a che vedere con le nostre emozioni, se non fosse per il potere che ha di suscitarle!

Dicevo due milioni di gnu, che rappresentano però un unico grande individuo costituito da tante piccole creature, ovvero un unico essere pluricellulare, costituito da tante cellule, ognuna delle quali ha una vita propria che comunque non esisterebbe senza le altre.

Gli gnu, si sa, sono le prede preferite dei leoni e quindi, per definizione, i deboli. Eppure qui, nel bel mezzo di questa radura sconfinata, che sento essere profondamente proprietà assoluta degli gnu e di nessun altro, mi sorge un dubbio. Questo animale barbuto e scontroso è poi davvero il più debole? E il leone, così altero e indifferente, il più forte? Se così fosse, gli gnu si sarebbero estinti da tempo e poco dopo sarebbero scomparsi anche i leoni. E invece qui, in questo paradiso naturale gnu e leoni convivono in un equilibrio che può essere solo il frutto di una perfetta parità.

Nel leone che preda la "cellula" più indifesa c'è semplicemente l'istinto per la sopravvivenza. 

Quella legge è stata attribuita alla natura dall'uomo per giustificare la sua incapacità di agire con giustizia nei confronti dei più deboli. Spesso diciamo "la sopraffazione è una legge naturale che anche nell’uomo a volte prende il sopravvento". Ma questa frase altro non è che un falso alibi per nascondere comportamenti che sono scelte peculiari dell’essere umano cosciente e razionale. Non imputiamo alla Natura colpe che non ha, e non utilizziamo la Natura per legittimare i nostri crimini. Noi un giorno ci estingueremo e il mondo naturale, seppur martoriato, ci sopravvivrà e si evolverà secondo equilibri che dovrebbero essere solo osservati con lo stupore dell'innocenza.

E proprio qui, in questo paesaggio incontaminato e lontano dall'uomo, sono nate queste mie considerazioni

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