Nikon F 70. Obiettivo: Sigma AF D 70-200 mm f2.8 Apo EX HSM alla focale minima. Pellicola invertibile Kodachrom 64 ISO.

Ogni foto riuscita, e penso in questo caso di non peccare di presunzione visto che l'immagine è stata pubblicata su ben due riviste, e anche in copertina, ha una storia. Si è sempre detto che le foto devono "parlare" da sole, ed è vero, però, qualche volta, la storia che c'è dietro un'immagine può essere divertente e in qualche modo significativa. E allora, forse, vale la pena raccontarla.

La piazza Jamaa al Fna di Marrakech è circondata da una moltitudine di bar, i cui spazi si sviluppano su più piani. Tutti sono provvisti di ampie terrazze panoramiche che danno direttamente sulla piazza e dalle quali si gode una vista del tutto originale.

Molti dicono che questa piazza, e la vita che vi ruota attorno, sia ad uso e consumo dei turisti. Ma la sensazione che io ho provato durante tutto il mio soggiorno a Marrakech è stata completamente diversa. Mai, in un luogo ritenuto per definizione turistico, mi sono sentito così intimamente e profondamente immerso nella vita locale! Forse questo è dipeso dal fatto che sono stato a Marrakech per sette interi giorni e non ho fatto, come spesso si suole fare nei tour, la toccata e fuga di una sola notte! Oppure ... chissà per quale altro arcano motivo!

Sta di fatto che questa Città Imperiale mi è entrata dentro. Un tassista, durante il mio soggiorno a Marrakech, mi ha detto: “ci sono diciotto porte per entrare nella città vecchia, qualunque attraversi, entrando, arriverai al cuore della medina, e qualunque attraversi, uscendo, non ti condurrà mai completamente fuori da Marrakech”. Così concludevo il reportage "I colori di Marrakech" dedicato a questa città.

Ma la storia divertente, e forse significativa, che c'è dietro la foto? Eccola. Tutte le sere andavo, con mia moglie e degli amici, a gustare il buonissimo te alla menta nei bar di cui sopra. Ovviamente, da buon fotografo, ed è in quel "buon" che pecco di presunzione, portavo con me tutta l'attrezzatura.

Una sera, in particolare, certe sfumature del cielo preannunciavano un tramonto fotograficamente da non perdere e allora, mentre i miei amici se ne stavano seduti tranquillamente al tavolo chiacchierando e sorseggiando il te, io allestivo il mio set all'esterno per le riprese: cavalletto, macchine fotografiche pronte all'uso, obiettivi ecc... .

Ad un certo punto i colori divennero magici. Sapevo benissimo che quella magia della luce, come sempre accade, sarebbe durata solo pochi secondi, quelli decisivi. In quegli istanti, quindi, tutta la mia concentrazione si rivolse alla fotografia, al calcolo dell'esposizione, allo studio dell'inquadratura. Ma i miei sensi, sempre all'erta, percepivano perfettamente anche tutto ciò che accadeva attorno a me. L'odore del te alla menta, le parole dei miei amici, di mia moglie, i suoni arabi provenienti dai tavoli vicini, il cinguettio delle centinaia di uccelli che volavano attorno al minareto, il caleidoscopio di persone che affollavano la piazza, giù, sotto di me.

Tutto si mescolava e si univa in una sinfonia ... che è la vita.

Poi accadde qualcosa. I valori della misurazione spot che la fotocamera mi dava se puntavo sul cielo al tramonto (non nella zona più luminosa) e sulla pavimentazione della piazza coincidevano! Fui colto, allora, da quella "frenesia dello scatto" che i fotografi, ma non solo, comprendono bene. Iniziai a scattare come un pazzo, cambiando inquadrature, focali, obiettivi e fotocamera, che, per non perdere secondi preziosi, non sostituivo all'altra sul treppiedi, ma appoggiavo semplicemente sulla balaustra del terrazzo. Quella coincidenza di luce non sarebbe durata tanto a lungo da consentirmi tali spostamenti (non avevo, purtroppo, una seconda piastra di attacco rapido al treppiede, pronta sull'altra fotocamera!). La balaustra, di ferro, toccata da mille mani, vibrava, e allora per attutire le vibrazioni interponevo fra balaustra e fotocamera la mia sciarpa di cotone ripiegata e comprata qualche giorno prima al mercato di Marrakech. E scattavo ... scattavo ...

In tutto questo trambusto, durato in realtà forse anche meno di un minuto, udii uno dei miei amici dire agli altri: "guardatelo, è in orgasmo fotografico".

Aveva ragione! Quello che io ho definito qui "frenesia dello scatto" ed altre volte "sintonia con l'ambiente", in realtà può essere definito, seppur metaforicamente, orgasmo fotografico.

Trascorsi quei secondi mi congratulai con Giancarlo per aver coniato quella nuova espressione e mi gustai il te alla menta, purtroppo ormai freddo, che mi attendeva al tavolo, non pensando che una di quelle foto sarebbe diventata addirittura un'immagine di copertina!

Poco dopo ne ordinai un altro e lo bevvi bollente, inebriato dall'aroma di menta e dalla vita, che come un tappeto, si srotolava sotto di me, giù, nella piazza Jamma al Fna di Marrakech.

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